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Apprendere la lingua italiana a Roma

 La data, l'8 marzo, entra per la prima volta nella storia delle rivendicazioni femminili nel 1917, a Mosca, quando le donne manifestarono per la fine della guerra. Tra riproposizioni e contestazioni, tra disastri (incendi delle fabbriche Cotton e Triangle di New York) e decise richieste di diritti civili in nome dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani; dall’istituzione ufficiale della Giornata nel 1909 in America, a quella del 1922 in Italia (poi ripresa con forza nel 1945), si arriva ai giorni nostri. Data ormai rituale, che, proprio in virtù della sua ricorrenza, sottolinea annualmente il problema irrisolto della disuguaglianza nella politica, nel sociale, nella cultura, figlia di un pensiero antico e, in diversa misura, violento e che fatica ancora a cambiare. Perciò la storia e l’immagine di una donna, consapevole e fiera, che a quel pensiero si è opposta, anche con dolore. Felicia Bartolotta ha già iniziato a contrastare Cosa Nostra, nella sua stessa casa. Lo fa ancor prima della nascita di Peppino, coraggioso giornalista che, con altri ragazzi di Cinisi, ebbe il sogno di una Sicilia libera dalla mafia. Si sposa infatti giovane con Luigi Impastato, imparentato con una delle  famiglie mafiose più potenti del luogo, i Manzella. Li evita, non li vuole far entrare, non va in visita a casa di Gaetano Badalamenti, capomafia, che ha sostituito Cesare Manzella, “scoppiato” con la sua auto. Difende Peppino anche dal padre, con cui ambedue sono oramai in fortissimo e aperto contrasto, cerca di proteggerlo. Ma la voce del ragazzo comunista, sincera e beffarda nella denuncia dei crimini mafiosi, ogni venerdì sera da Radio Aut dilaga inarrestabile, fino al 9 maggio del 1978, ucciso, Peppino, in un agguato criminale. La voce di lei però non si ferma e denuncia apertamente, mettendo allo scoperto legami inquietanti tra forze dell’ordine, politici e criminali, prima donna a costituirsi parte civile in processi di mafia. Vince: Badalamenti e il suo  vice Vito Palazzolo vengono condannati, il primo all’ergastolo, il secondo a 30 anni di carcere. La sua casa diventa luogo di incontro di migliaia di persone più o meno giovani, alla ricerca della bellezza della legalità, e di memoria. La mafia non si combatte con le pistole ma con la cultura, le ultime parole di Felicia Impastato, che muore nel 2004. Certo una "cultura" che deve essere diversa.
Carmela Marocchini

fonte web: wikimafia.it

 

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