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SpeakItalianInRome

Apprendere la lingua italiana a Roma

Ti racconto la storia di Nao, una studentessa giapponese di circa vent’anni che ho ospitato a casa mia con un corso di italiano in homestay. Quando ha bussato alla mia porta, l’ho accolta e già dopo qualche minuto mi sono messa le mani nei capelli!! La ragazza era carina e gentile, ma di italiano sapeva veramente... 3 parole!! E sarebbe rimasta solo due settimane!!  Pensavo con preoccupazione che il periodo sarebbe stato davvero insufficiente per raggiungere un livello accettabile di conoscenza della lingua. Iniziai la serie delle lezioni con l’ascolto di canzoni semplici che cantavamo insieme. La cosa le piaceva e si divertiva.  Andando avanti, mi accorsi che sapeva la grammatica italiana alla perfezione, portava a termine gli “esercizi” in modo quasi del tutto corretto ma parlare … niente!! Continuammo con ascolti, video e giochi, brevi conversazioni e leggere attività. Piano piano, conoscendoci e approfondendo anche il rapporto tra di noi, superando la timidezza, l’Italiano veniva fuori giorno dopo giorno e la grammatica delle regole si trasformava in qualcosa di vivo e consapevole, diventava linguaggio parlato, quotidiano. Ci salutammo dopo il periodo stabilito, ambedue più che soddisfatte: con me, il codice (la lingua) libresco e astratto era diventato strumento individuale di comunicazione sociale; lei, perché se ne andò padroneggiando con sufficiente disinvoltura una lingua così distante dalla sua e con tutte le possibilità necessarie a ulteriori approfondimenti. 
Un video di Checco Zalone (fantastico attore comico italiano, il cui vero nome è Luca Pasquale Medici) che gira in Internet mi fa molto ridere. A tutte le domande che gli vengono poste oppone un “meh”, interiezione pugliese buona per molte risposte. Lo stesso si può dire per il Boh, il Beh e il Bah degli Italiani. La cosa diverte gli stranieri. Una mia studentessa giapponese infatti ne rideva molto. Sono suoni di cui l’italiano parlato è generoso. Si risponde così ad un amico, ad un parente. Assenti sono invece nell’italiano formale, certo non si può controbattere così al poliziotto, all'insegnante, al professore, ad esempio. Il significato va colto dall’interlocutore associando fonetica, mimica facciale e gesto. Per il Boh, il significato è semplice. Vuol dire “Non lo so” in modo sintetico e immediato (“Boh, non lo so proprio”), con un’apertura verso “chissà”, “forse”. Il Beh è un po’ più complesso. All’interno di una conversazione, ha la funzione di prendere tempo, è cioè una piccola pausa che ci si dà per pensare. Con diverse intonazioni esprime anche il sentimento di colui al quale è stata fatta la domanda. Può avere in sé imbarazzo, timidezza, stizza, e così via. Con tono interrogativo “Be” (troncamento di Bene, Ebbene) chiede una conclusione, è un “Quindi ?”, o un “Che succede ?”. Il Bah secondo me li riassume ambedue: il No risoluto del non sapere, l’incertezza nel rispondere ma anche la meraviglia, il disprezzo. Equivale a “Non saprei cosa dirti”, “Staremo a vedere”, “Non va bene”. Sulla mimica facciale e la postura non riesco a spiegare in questa sede, dovete venire in Italia e cimentarvi di persona!!
A video on the Internet posted by the Italian comedian known as Checco Zalone (his real name is Luca Pasquale Medici) made me laugh a lot. In this video, he responded to a series of questions simply by saying “meeh”, a typical utterance of people from Apulia in southern Italy. But let’s look at the more widespread “Boh”, “Beh” and “Bah” habitually used by Italians. They are rather amusing for foreigners, such as a Japanese student of mine. These sounds are very common in informal spoken Italian, especially when speaking to friends and relatives. However, they are rarely used in formal contexts, and you certainly shouldn’t talk like this with a police officer, a teacher or a professor. Their meaning has to be interpreted in the specific context, also by considering the intonation and the associated facial expressions and gestures. The meaning of “Boh” is quite simple. It basically means “I really don't know” of “I haven’t a clue” (a bit like the British term “Dunno”), but it can also be interpreted as “who knows?”, or “maybe”. “Beh” is a bit more complex. During a conversation, it allows the speaker to take some time to think, and acts as a pause while trying to decide what to say. With a different higher intonation, it can also express feelings of doubt or reticence, as if the speaker is reluctant to say something bad or negative. In these cases it is very similar to the English word “Well …”. With a more interrogative tone and a rising intonation “Be” is a shortened version of “Bene” (“Fine”, “OK” or “Well then”) and is a way of asking someone for his/her opinion or statement or final decision. It can therefore be translated as “So?” or “What's happening?” In my opinion, “Bah” is a sort of combination of the “Boh” that expresses ignorance, and the “Beh” that expresses doubt or uncertainty. However “Bah” adds a more dismissive note of disinterest or even contempt. It more or less corresponds to English expressions like “I don't know what to say”, “We'll see”, “I don't really care”, or “It's no good”. Of course, I can't explain the additional nuances of facial expressions and body language here in writing on this website, so you’ll just have to come to Italy and try mimicking us in person!
Nella tradizione italiana non possono mancare, ma anche altri, Francia, Germania, Croazia, Svezia, festeggiano come noi il giorno della resurrezione di Cristo con le uova, appunto, di Pasqua. Dipinte festosamente, sode o di cioccolato, sono alla base della colazione della domenica mattina. C’è chi, in Danimarca e negli Stati Uniti (Easter Egg Roll) perlustra boschi e giardini alla ricerca del simbolo della rinascita. Altri Paesi, invece, si popolano di coniglietti e pulcini per l’occasione. Ma “uovo o uova” in italiano? Ebbene, il termine fa parte di quella classe di parole (e ciò risulta abbastanza incomprensibile per gli stranieri), che al singolare sono di genere maschile, divenendo femminili al plurale. Altri sono braccio / braccia, dito / dita, ginocchio / ginocchia, osso / ossa, il cui cambio di genere (spesso con valore collettivo) si rifà alla forma del plurale latino neutro in -a. La cosa si complica quando al plurale, oltre al genere femminile, hanno anche il maschile: le dita della mano (tutte le dita che la compongono), ma preso ciascun dito singolarmente, al plurale il genere è maschile: i diti anulari (quelli dove di solito si mette l’anello). Lo stesso vale per gli altri termini: ossa riferendosi allo scheletro, ossi in altri casi, e così via. Dai, una volta capito il meccanismo, non è poi così difficile!!
When I was a little girl, I fantasized that eventually they would invent a pill that would open your mind as soon as you swallowed it and you would instantly know everything that could possibly be known. You could just take a small pill to learn history, geography, mathematics, languages, etc., without making the effort of studying from books. There is in fact a film, "Limitless" (based on the novel “The Dark Fields”), in which the protagonist takes a strange chemical substance that vastly enhances his cognitive potential, but he still has to make the effort to study in order to learn. Are you curious? Why don’t you watch the film and the TV series in Italian?! Of course, it will take a bit of effort but it should also be pleasurable!   My first piece of advice is that you should find it fun. Everything you do with the aim of learning a language should give you pleasure. You will soon abandon anything that bores you, so whether you need to learn Italian for work, or for personal reasons, try to make studying as fun as possible.   Find what you like best and start from there. Do you love Italian cuisine? Most people do, because it's genuine, tasty and quite simple. So get some recipe books, find out the meaning of the vocabulary and put these words into practice in the kitchen. You could organize a dinner with friends and explain the dishes in Italian.   Another tip to avoid getting bored and giving up. Play with vocabulary and spelling with the language games you find in puzzle magazines, crosswords, charades, anagrams, quizzes, etc. The most famous publication of this kind in Italy is La Settimana Enigmistica. If you can't work out the answers to the puzzles, the solutions are on the last pages. You could play board games and organize challenges or tournaments with your friends, such as Scrabble (Scarabeo) and Boggle (il Paroliere). Don't worry if you feel that you're not making enough progress. Your mind is working in the meantime, which is always a healthy thing! I hope my suggestions have been helpful. Have fun!
1. Choose a good Italian school with a communicative method. The best language teachers (like me!) always adopt an active approach and they use “authentic” materials, with topical texts, useful grammatical analysis, ongoing linguistic exchanges, interesting videos and audio materials, in addition to exercises such as educational games, puzzles, the reordering of sentences, etc. etc. 2. Study systematically and with commitment. Having a good school and an excellent teacher is not enough. You will need to establish a regular daily timetable for studying Italian. Try to learn at least five new words a day, repeat them frequently to memorize them and use them whenever possible in speaking. You could put them in alphabetical order or arrange them thematically to expand your range of vocabulary. 3. Be curious about Italian language and culture. Find out what's happening in Italy. Use Italian television channels and online news channels to keep up with current affairs and politics. You can also investigate Italian traditions and customs in order to understand the Italian of life, and our particular mind-set thinking and way of doing things. 4. Read all kinds of texts in Italian. Keep an eye out for anything you can find that is written in Italian, even if is it “only” a short job advert an advertisement or a brochure, etc. You might even try reading recent Italian novels, newspapers and magazines, Remember that Italian (unlike English or French) is basically a phonetic language, so the words are pronounced almost exactly the way they are written. 5. Write with a pen and paper. Use a pen and paper, avoiding devices with a spell-checker if you can. Express yourself in short sentences at first, while searching for synonyms, proverbs and typical expressions to make your texts as idiomatic as possible. 6. Start to speak Italian as soon as you can. This is quite easy to do if you are already in Italy, as most people in Italy cannot speak a foreign language and they are usually happy and willing to help you to speak Italian. If you live outside the country, you can visit Italian associations or cultural centres, or the places where expat Italians tend to gather. Make friends with as many Italian speakers as you can find! 7. Sing. Songs are particularly easy to remember, thanks to their rhymes and rhythms, and they help you to learn new vocab with the correct pronunciation. Italian singer-songwriters, particularly those from the 50s to the 80s, created songs with long poetic texts. Choose singers who clearly pronounce the lyrics. Some of the best are Lucio Battisti, Mina, Raffaella Carrà, Gino Paoli, Lucio Dalla, Fabrizio De André and Luigi Tenco. Look up their music on Spotify or find their videos on Youtube. Then you can memorize their songs. 8. Watch films. Italian Cultural Centres constantly organize film showings and festivals, and the latest films are usually shown abroad in the original language, with subtitles in the local language. 9. Listen and repeat. Listen to videos and audio recordings several times, and repeat what you hear. This constant repetition will help you to remember. Use good online dictionaries that provide audio recording of the words you are looking up. 10. Use social media Intervene in online forums and debates, comment on posts, write your own posts and propose interesting topics. Participate in language exchange groups, and if possible try to make friends online to exchange messages and emails.
Seguire in TV la Notte degli Oscar ha affascinato anche noi. Artisti belli, quasi tutti, ricchi, tutti, intelligenti e simpatici, per lo più. Donne e uomini che vivono un etereo mondo di immagini che è sogno, anche al di fuori dallo schermo. E gli Oscar ne ratificano e ne moltiplicano il successo. Peccato che “Io Capitano” non abbia vinto premi. Film italiano duro, doloroso, testimone di violenza verso “gli ultimi del mondo”, personaggi e persone che coincidono, fiction e realtà indistinguibili. Insomma, lontano dal clima festante della manifestazione che riporta tutti giù per terra. Forse per questo non ha avuto l’attenzione che meritava? O perché altro? Invece abbiamo visto una passerella di splendidi abiti firmati dai maggiori stilisti italiani. La Moda e la Lingua. L’industria italiana della Moda lavora a tutto campo e comprende, oltre il settore dell’abbigliamento, anche quello dell’arredamento, della casa, degli uffici, ecc.  Perciò non solo abiti : è molto ciò che distingue lo stile italiano dal resto del mondo. La moda però fa la parte del leone e, in questo caso,  il Made in Italy è fortemente rappresentato dalle produzioni dei grandi stilisti, appunto, come Valentino, Armani e altri. Le “passerelle” di Milano compiono un balzo oltre frontiera con un oltre il 60% delle vendite, mediamente, all’estero. Importante è lo shopping turistico: le griffe tricolori si diffondono grazie soprattutto a cinesi e russi, i quali rappresentano i clienti più affezionati, seguiti dagli americani, che presumiamo, dopo gli Oscar, aumenteranno.   Massiccia perciò è la presenza di studenti stranieri che vogliono frequentare Università o Masters per lavorare nel settore. Diventa così necessario conoscere non solo il modo di vestire italiano in tutte le sue connotazioni anche culturali, ma anche sapere il Linguaggio della Moda, che, con le sue peculiarità  di lingua di settore, viaggia assieme all’ Italian Style.
Parlando del verbo PIACERE, perché non ricordare, per associazione, quel meraviglioso film, visto e rivisto non so quante volte, sempre divertente e amabile, e di cui ne avrete riconosciuto in foto gli straordinari interpreti? Sto parlando de A QUALCUNO PIACE CALDO, di Billy Wilder, con Tony Curtis, Jack Lemmon e la splendida Marilyn Monroe. Ne approfitto per introdurre il verbo italiano PIACERE, che noto essere di una certa difficoltà per gli studenti stranieri, in Homestay da me. A differenza della lingua inglese (“Some like it hot” è il titolo originale del film) il verbo ha bisogno della preposizione A, davanti a nomi e pronomi diretti, indiretti, indeterminati collegati al verbo, oppure in forma contratta. E, a seguire, tutto ciò che genera godimento. Così la forma corretta: es. A Maria piace il gelato, a lei piaceva uscire, le piacerà Giovanni, le piacerebbe che il mare fosse pulito, e, …a qualcuno piace caldo! Attenzione: PIACE o PIACCIONO? Dipende da quanti oggetti sono causa del piacere, PIACE se uno, PIACCIONO se di più- Così, per riprendere gli esempi precedenti, A Maria piacciono i gelati, le piaceranno Giovanni e Luigi, le piacerebbero mare e lago puliti
Da quando Matteo, alunno di terza elementare di un paesino in provincia di Ferrara, descrisse come “petaloso” un fiore pieno di petali si è aperta una voragine! La “fantasia al potere” investe anche l’italiano! In verità il termine compare verso la fine del 1600 ma è praticamente ignoto fino all’inventiva infantile (e immagino che Matteo non ne sapesse la già avvenuta esistenza), suffragata poi dall’accettazione da parte dell’Accademia della Crusca che lo ha incluso nel proprio vocabolario, poco meno di una decina di anni fa. L’ultima invenzione linguistica ci offre “boppone”, ad indicare una canzone dalla melodia semplice, cantabile, facile da ricordare. Come in altri casi, l’italiano ruba all’inglese termini che poi adatta alle proprie regole (e anche “petaloso” nel 1695 deve la sua nascita all’inglese James Petiver, famoso botanico di Londra che descrisse così una delle tante piante che riceveva dalle Indie (anche se lo prende dal latino). Altri “furti” implementano la nostra lingua, tra diffidenza e accettazione. Personalmente, mesi fa, il termine “spoilerare” mi ha lasciata perplessa: “non voglio ulteriormente spoilerare”, affermava alla radio la sceneggiatrice di un film accennandone la trama e non volendo darne i dettagli o peggio ancora, la fine. E mi sono detta, come molti altri, “perché non usare verbi quali “raccontare, narrare, anticipare, svelare la fine, dire come va a finire” (guastandone la sorpresa)? Perchè, con tanti sinonimi, si usa un unico termine che, in fondo, appiattisce qualsiasi sfumatura di significato, che è una tra le caratteristiche dell’italiano? Eppure, a differenza di “petaloso” che non ho più sentito pronunciare, “spoilerare” è entrato vigorosamente nel lessico nostrano, scritto e parlato. Un altro che “va per la maggiore” è “boomer”, riduzione di “baby boom” ad indicare quelli nati a partire dal termine della seconda guerra mondiale fino al cosiddetto boom economico. E’, in verità, un appellativo citato nel lontano 1968 dallo scrittore Nanni Balestrini ma introdotto dal 2018. Ironico e spregiativo, sta ad indicare una persona di una certa età non al passo con i modi di pensare delle nuove generazioni. Molto in voga in questi ultimi anni, anch’esso usato dai ragazzi, il verbo “blastare”, dall’inglese “to blast” ovvero far esplodere, far brillare, distruggere, far saltare in aria. Il gergo giovanile ne slitta il significato per il quale blastare è al posto di attaccare, deridere o zittire, soprattutto sui social network, chi ha detto una sciocchezza, o, a riprova della propria posizione di forza, chi si vuole intimidire. La lista dei furti si allunga poi nel linguaggio informatico: i termini inglesi si italianizzano, diventano verbi con l’aggiunta, di solito, della desinenza -are. L’esempio più diffuso è “chattare”, conversare online.
Se Pellegrino Artusi titolava LA SCIENZA IN CUCINA il libro che tra tecnica e letteratura elevava la tradizione culinaria italiana a Cultura gastronomica fatta di pesi e misure, oggi la sua intuizione, figlia di un Positivismo che faceva della scienza il modello di interpretazione della realtà, trova realizzazione. Si lavora per una Cucina Molecolare, frutto di collaborazione tra cuochi, fisici e chimici, specializzati in questo campo. L’arte culinaria potrebbe evolversi in modo infinito e oggi impensabile. Eppure c’è ancora un “lato oscuro”. Uno per tutti? Il “q.b.”!! Ovvero qualcosa, il sale, per esempio, che non si presta a peso ma lascia all’autore libertà di azione. E’ il “quanto basta”, così come il “pizzico di…”, o la …”. Nessuna prescrizione, ma gusto personale di chi cucina. Qualcosa che ha un “gusto” (è il caso di dirlo) irrazionale se paragonato alla scienza. Romantico. Poetico.