1872, 9 gennaio, sera. Il ventitreenne tappezziere Egisto Cipriani rimase fortemente basito da un prestigiatore cinese, il quale si infilava una sciabola in gola durante un suo spettacolo all’Arena Nazionale di Firenze. Sarà stata l’euforia risorgimentale, sarà stata la delusione dell’imminente trasferimento della Capitale da Firenze a Roma, sarà stata l’incredibile disinvoltura del prestigiatore, sarà stata la fatua guasconeria del ragazzotto, fatto sta che il Cipriani, con poca prudenza e molta spavalderia, scommise con i suoi altrettanto gaudenti amici che si sarebbe introdotto interamente una forchetta nell’esofago.
Scelse una comune forchetta metallica da tavola e, dalle quattro punte, iniziò ad inserire nella gola l’attrezzo, quando, Maremma maiala!, gli sfuggì l’appiglio e la forchetta se ne andò giù. Inutili i tentativi di recupero che, anzi, spinsero la forchetta sempre più nell’esofago. Allora, via di corsa: in preda al terrore Egisto fu accompagnato all’ospedale di San Giovanni di Dio. Anche qui niente da fare, neanche i 60 grammi d’olio di ricino permisero la fuoriuscita naturale dei 22 centimetri di ferro! Del caso s’interessò subito la stampa cittadina e per circa due mesi il quotidiano La Nazione, descrisse in ogni particolare l’evolversi della faccenda. Il giovane tappezziere, che abitava al 13 di Via del Porcellana, fu oggetto assiduo di visite e controlli da parte di luminari, tra cui tre medici inglesi; chi avrebbe voluto aspettare per capire meglio dove si trovasse effettivamente la forchetta, chi, viceversa, era dell’idea di intervenire chirurgicamente. Ma non era tutto così semplice. Gli scienziati non avevano ancora scoperto i Raggi Rontgen, i medici si affidavano ancora solo alla palpazione. Tenere il ragazzo a testa in giù, e magari scrollarlo a mo’ di sacchetto? Sperimentare per l’occasione una apposita sonda specillo della ditta Gabbrielli, nota fabbrica di strumenti chirurgici? Giorni, settimane, mesi, tutti si rassegnarono, compreso Egisto, che se ne tornò a casa e al lavoro, e, divenuto ormai l’uomo della forchetta, mangiò, bevve, fumò, passeggiò tranquillo per quindici anni. Si sposò addirittura e quando nessuno più e neanche egli stesso oramai ci pensava, il Cipriani dovette correre al medesimo ospedale ed essere operato d’urgenza dallo stesso medico che per primo si era imbattuto in lui. Esito positivo ma la forchetta non gliela restituirono. Ora fa bella mostra di sé nel piccolo museo dell’Ospedale di San Giovanni di Dio assieme alla foto del suo umano ex contenitore! Del fatto, oltre che i giornali dell’epoca, rimane un sonetto in vernacolo di Renato Fucini: Per dàtti, ora, un'idea der corp'umano, / Ti devi figura' che lo 'ntestino, /Dalle tonzille, 'on rispetto, ar lano, / Farà diciotto miglia di 'ammino. / Attarché, quando c'entra un corpo 'strano, / Com' esse' 'na forchetta o un temperino, /Facendo du' fumente ar deretano, / Si pòr tira' l'oggetto ar su' destino. / Ti torna? 'un c'è artre strade eccetto 'vella. / Chi s'azzarda a fruga' co' ferri drento, / A ristio di sfondanni le budella? / Er male è ch' è panfò! s'era d'argento, / A avello messo 'n delle mane ar Sella, / Glie la tirava fòra 'n d'un momento. Difficile dire chi, l’uomo o la forchetta, rimane il più famoso !!
Carmela Marocchini
rielaborazione da fonte web : L'uomo della forchetta, Luciano e Ricciardo Artusi, ilreporter.it