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Apprendere la lingua italiana a Roma

Ancora oggi i romani in cerca di refrigerio, nel pieno di una Roma infuocata, si rivolgono ai chioschetti concentrati prevalentemente sul Lungotevere per un bicchiere di grattachecca. Ugualmente, in Sicilia sono molto diffusi gli acquafrescai, i baracchini che servono granite alla frutta (limone, gelsi, e latte di mandorle), o brioches ripiene di granita di limone a tutte le ore! Doverosa distinzione: la granita è un fluido con uno sciroppo che viene fatto congelare prima di essere tritato,perciò ogni singolo cristallo di ghiaccio contiene tutto il sapore della granita. La grattachecca invece è ghiaccio tritato sul quale si versa dello sciroppo e la sua bontà sta tutta in questo contrasto. A Palermo la grattachecca romana diventa la grattarella, con ghiaccio solitamente irrorato con succo di limone o di arancia. Tra Lazio e Sicilia non sappiamo chi possa reclamarne l’invenzione. Peraltro il rimedio contro l’arsura è antico: già al tempo dei Cesari miscele di neve o ghiaccio, addizionate con frutta, comparivano nei banchetti come un raffinato diversivo. Un’ abitudine che riprese nel Rinascimento, quando Caterina de’ Medici, sposa al futuro Re di Francia, volle portare con sé uno specialista in gelati, certo Ruggeri, che fu addirittura 'prelevato' dai soldati e caricato a forza su una nave. Tanto la prodigiosa invenzione del «ghiaccio all’acqua inzuccherata e profumata» aveva stregato il palato della Corte! Da noi, la grattachecca, nata alla fine dell’800, deve il suo nome all’azione di grattare la checca, tipico blocco di ghiaccio, grattato, appunto, con l’ apposito strumento, una specie di “pialla” che ne permette anche la raccolta per il travaso nel bicchiere. Si faceva in casa, fino a tutti gli anni 50, quando il “moderno” frigorifero non aveva ancora sostituito la vecchia “ghiacciaia”, la quale settimanalmenteattendeva l’uomo del ghiaccio direttamente a casa. Ma dove veniva la checca? Intorno a Roma, il redditizio commercio della neve  si praticava a Monteflavio, così come nelle alture intorno a Roma, a Rocca Priora e Rocca di Papa, centri che servivano ghiaccio in tutto il territorio. La neve era immagazzinata d’inverno nelle alte montagne, in apposite cavità foderate di paglia e di lì i nevai la trasportavano lungo le vie consolari.  A bordo delle barozze, apposite carrozze trainate da muli,  scendevano verso la Salaria e di lì in città, incrociando un altro genere di trasporto, quello del sale, che da Ostia invece saliva per la Sabina e l’ Abruzzo. Si calcola che in città giungessero in un anno oltre 250 tonnellate di ghiaccio. Ma il ghiaccio ritenuto di migliore qualità proveniva dal territorio di Monteflavio, da un’altitudine di circa 1300 metri. Ecco perché sul Monte Pellecchia c’è la chiesetta della Madonna della Neve: infatti l’intero paese in inverno si mobilitava a pregare per l’arrivo della neve e per la sua raccolta. In Sicilia analogo commercio avveniva fin dal 1700, grazie all’altitudine e alle cavità dell’Etna e delle Madonie, dove la neve era conservata nelle neviere. Non è curioso che il vulcano, ancor oggi in attività, regalasse una leccornia così ghiacciata? Ma, a proposito di curiostà, la grattachecca della Sora Maria di via Trionfale è entrata all'Università, come uno degli ottanta quiz di cultura generale per il test di accesso alle professioni sanitarie della Sapienza di Roma!

Semplicissima la ricetta: Ghiaccio, Sciroppo, al gusto  classico di menta, orzata, limone, arancia e latte di mandorla o quelli della tradizione romana come tamarindo, amarena e pezzetti di limone cui si aggiungono pezzi di frutta tropicale come cocco e cedro. Il ghiaccio va tritato grossolanamente e lasciato riposare un poco, perché quello che esce dal freezer è più freddo del ghiaccio tradizionale ricavato dai blocchi. Ma attenzione!  La grattachecca va consumata in fretta, perché se si scioglie si scombina e perde tutta la sua bontà!!

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