Gli aerei che rombano bassi sul cielo di Roma e che lo colorano di fumi diversi riportano la memoria al 2 e 3 giugno del 1946, quando si sancì la nascita della Repubblica Italiana a seguito dei risultati del referendum istituzionale in cui gli elettori votarono la scelta tra monarchia e repubblica.
La radio, attraverso la voce di Giuseppe Pagano, Presidente della Cassazione, annunciò la vittoria della Repubblica alle 18:00 del 10 giugno del 1946 nella Sala della Lupa, a Palazzo di Montecitorio.
Successivamente , l’Assemblea costituente si riunì il 22 giugno e il 28 procedette alla nomina del capo provvisorio dello stato nella persona di Enrico De Nicola. Il dato complessivo dei votanti il sì, 12.718.019 contro i 10.709.423 milioni dei no, riportava dunque la decisione maggioritaria di coloro che si dichiaravano favorevoli per il radicale cambiamento della forma istituzionale del Paese. Non era solo così. Attese, speranze di una vita bella, un cambiamento anche di pensiero, a partire dal rifiuto della guerra per italiani che ne uscivano stremati e che anche tra loro si erano ammazzati. Una uguaglianza tra diversi, uomini e donne, ammesse al voto per la prima volta. Un primo importante riconoscimento che però ha anche l’aria di essere stato inevitabile perché necessario a “far tornare i conti” (adoperarsi affinché si vada nella direzione prevista). Ma a ben guardare, il dettaglio delle regioni segna una differenza spaziale evidente tra i pro e i contro la repubblica, una evidente frattura tra Nord e Sud, antica. Opposizione tra le parti sociale e culturale, storica e politica. Già l’Unità d’Italia fu un fatto che venne dal Nord e che nel Sud incontrò certo passioni ma anche resistenze. E i Piemontesi non seppero fare. L’euforia della nascente repubblica non bastò ancora una volta a coprire le differenze.
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