Alla domanda se agli italiani piaccia il bello, con evidenza si può rispondere di sì. Nasciamo in un Paese che ha il patrimonio artistico più grande del mondo, sparso su un territorio relativamente poco vasto. Cresciamo circondati da opere d’arte, architettoniche, figurative, urbanistiche, naturalistiche (si pensi solo al giardino all’italiana), sommatisi nel corso della storia, a partire dall’antichità. Un patrimonio di bellezza, percepito anche da chi italiano non era o è (i tanti grandi viaggiatori che a partire dalla fine del Settecento fecero in Italia il Gran Tour, l’odierno turismo di massa caratterizzato dal “mordi e fuggi”), patrimonio di bellezza, che percepiamo come inscindibile dalla nostra stessa vita, viva esperienza di uomini e donne, casa di una comunità vivente e fatto collettivo così importante, da essere costitutivo del nostro stesso Stato, che, nel riconoscerlo, ne garantisce (ma sappiamo oggi quanto questo incontri difficoltà, incomprensioni e trascuratezze da parte della politica) la conservazione e la tutela.
L'articolo 9 della Costituzione dice, infatti, che la Repubblica è chiamata a tutelare il patrimonio d'arte e il paesaggio. L'Italia è stata la prima nazione a inserire la tutela nella Carta, esprimendo l'interesse dei cittadini verso il patrimonio d'arte che nei secoli è fiorito da noi, in modo diffuso nel territorio, tanto che quasi non c'è paese o borgo nella penisola che non abbia monumenti o opere d'arte.
Già fin dall'epoca romana e poi anche durante l'epoca dei Comuni si possono trovare molte testimonianze di questa attenzione all'arte e alla bellezza, come bene comune da difendere. Quella che ci sembra particolarmente interessante si trova nel Costituto di Siena, documento comunale del 1309, in cui si legge che proteggere la città dal degrado e coltivarne la bellezza è interesse prioritario di tutti gli abitanti: intra li studii et solicitudini è quali procurare si debiano per coloro, che hanno ad intendere al governamento de la città, è quello massimamente che s'intenda a la bellezza della città, perché Siena deve essere «onorevolmente dotata et guernit, tanto per cagione di diletto et allegrezza ai forestieri quanto per onore, prosperità et accrescimento de la città et de' cittadini di Siena. Molti secoli prima che esistesse l'Italia come nazione, in molte regioni il Costituto senese fu preso a modello per stilare statuti comunali. Se ne ritrovano tracce anche nelle città regie in Sicilia, come in quelle del Nord della penisola. Perciò, prima ancora della formazione dello Stato unitario italiano, relativamente recente, si può affermare che la bellezza, complesso di valori immateriali di un patrimonio materiale, abbia rappresentato la prima forma di identità alla base del nostro percepirsi come popolo, non solo per le innumerevoli opere d’arte, ma, secondo Salvatore Settis, in Se venezia muore, Einaudi, 2014, per la trama fisica stessa delle città (in cui l’identità civica si incarna in un “monumento”, che diventa simbolo iconico del luogo), città nelle quali si muove la storia degli italiani, le loro relazioni, i progetti e le attese, una storia complessa e collettiva “che include l’industria e le arti, la musica e la poesia, la coltivazione dei campi e la coltivazione dei manoscritti, il mestiere dell’architetto e quello del medico […]”...
Ringrazio la dott.ssa Simona Maggiorelli per gli interessanti spunti ivi riportati quasi integralmente