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Apprendere la lingua italiana a Roma

Evidentemente i Toscani ci sono portati. Scherzi, burle, frizzi, lazzi e zingarate, con esempi illustri in letteratura e nella vita. Un modo di cogliere il lato umoristico delle cose, e restituirlo potente attraverso una lingua già di per sé “simpatica” per lessico , fonetica e intonazione.  E non è un caso che lo spirito goliardico tipicamente fiorentino sia il vero protagonista  di un film cult come “Amici miei – Atto I^” (1975), di cui è celebrato il quarantennale della sua creazione, a cento anni dalla nascita del regista, amatissimo, Mario Monicelli.  A giugno, la proiezione della pellicola, con la quale Monicelli  vinse il David di Donatello, ha riempito piazza S. Spirito - spettatori e appassionati, tutti con il collo all'insù - nella città delle zingarate" del "Mascetti", "il Perozzi", "il Necchi", "il Melandri" ed "il Sassaroli" . Questa è la zingarata – spiega il Perozzi nel film –: una partenza senza meta e senza scòpi, un'evasione senza programmi che può durare un giorno, due o una settimana. Una volta, mi ricordo, durò venti giorni, salvo complicazioni". Nell’agosto del 1984 il film di Monicelli prende corpo, diciamo così, nelle gesta di 3 amici, autori di una falsa testa di Modigliani, scolpita col Black&Decker e gettata nelle acque del Fosso Reale  un mese prima, e in quelle di  un artista, Angelo Froglia, tutti livornesi. Da giorni la draga scandagliava il canale: leggenda voleva che Modì avesse “buttato a fiume” alcune sue sculture. Il giorno 8, veniva su una “testa”, poi seguita da altre due. Giubilo di giornalisti e televisioni, soddisfazione piena della direttrice del museo, assicurazioni da parte di noti critici sull’autenticità dell’opera! No, era proprio una zingarata! E Il Vernacoliere, giornale burlone, titolava: "Sconvolgente a Livorno. E dopo Modigliani...trovata una sega" (cioè niente): la messa in discussione, ed il ridicolo,  coinvolse istituzioni e personalità del mondo dell’arte. La burla diventò un film, Le vere false teste di Modigliani (Italia/Francia 2011), di Giovanni Donfrancesco, e nel 2014 una canzone di Caparezza che ne celebrava il trentennale.  Le cose così improvvisate, sono quelle che riescono meglio; quelle fatte senza pensarci tanto, pensate e realizzate…così Pietro Luridiana, uno dei tre ragazzi intervistati. E secoli prima Chichibio al padrone, per spiegare la mancanza di una coscia della gru cucinata, non se l’era cavata sempre con una zingarata?  Messer sì, ma voi non gridaste - ho ho - a quella di iersera; ché se così gridato aveste, ella avrebbe così l'altra coscia e l'altro piè fuor mandata, come hanno fatto queste. Il nobile Currado rise al motto di spirito e il cuoco, personaggio della quarta novella della sesta giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio, fu perdonato.

 

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