Tra vie dedicate e sculture, esiste a Roma un vero e proprio caravanserraglio di animali che decorano palazzi, strade e fontane, che rimandano al confronto con la natura di ogni epoca e in ogni stile artistico. Agli animali venivano attribuiti i più diversi significati, simbolici, allegorici, attraverso rappresentazioni fedeli o fantastiche. Nella storia delle città, la loro raffigurazione è stata utilizzata per comunicare la forza politica di una famiglia, il prestigio di una dinastia, il potere religioso o politico e così via. Oggi, tra i selfie che viaggiano per il mondo, una di quelle che fa più da magnifico sfondo o da solitario souvenir fotografico è la Fontana delle Tartarughe. Posta al centro della piccola piazza Mattei, fu realizzata da Taddeo Landini su progetto di Giacomo della Porta.. Il nome si deve al fatto che in fase di costruzione o forse durante un successivo restauro si vennero a creare dei vuoti tra le mani dei quattro efebi e il catino superiore della fontana : l’imprevedibile fantasia di Gian Lorenzo Bernini diede significato al gesto dei quattro giovinetti, aggiungendo per ciascuno una tartaruga in bronzo che si sporge a bere. Animale di terra, la tartaruga, a differenza dei quattro delfini, animali di mare, su cui si poggiano gli efebi. Oltre quello che viene inteso come capriccio scultoreo, il significato della composizione potrebbe essere legato alla condizione degli efebi quale momento di passaggio dall’adolescenza all’età adulta? La preziosità delle tartarughe fece sì che esse furono soggette a vari furti. Nel 1944 vennero asportate (e poi ritrovate) tutte e quattro. Dopo l’ultimo furto del 1979 furono tolte e conservate nei Musei Capitolini: quelle visibili attualmente sono tutte copie, che hanno rimpiazzato anche i tre originali superstiti. Quattro tartarughe di marmo danno lo stesso nome anche ad altre due fontane di Roma, realizzate in occasione dell’Esposizione Universale del 1911 della scalinata dei giardini di Valle Giulia da Cesare Bazzani. Ne condividono però soltanto il numero ma non la leggerezza del genio del Bernini !
Carmela Marocchini in collaborazione con l'arch. Roberto Cattalani
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